IL VOLO DELLA FENICE

Mongolia. Un cargo pilotato da Frank Towns (Dennis Quaid), ha il compito di evacuare un gruppo di ricercatori petroliferi da Tan Sag Basin, dove petrolio non ce n'è.

Così la squadra spedita nella base in capo al mondo, monta di malavoglia sul cargo.

Volano in quattordici verso Pechino.

Ma che succede? Un'imprevista tempesta di sabbia distrugge il motore sinistro e tronca la coda del velivolo: uno dei passeggeri è risucchiato nel vuoto, altri due ci lasciano le penne nell'atterraggio d'emergenza in pieno deserto del Gobi.

L'acqua è razionata, il cibo pure, proseguire a piedi è impossibile, non solo per il caldo boia. I superstiti non sembrano avere alternative ad una morte lenta in uno dei luoghi più angosciosi del globo.

Finchè il bizzarro e timido Elliott (Giovanni Ribisi) ha un'idea: nella vita progetto aerei, rimettiamo insieme i rottami e ripartiremo. Occhio e fate presto: i predoni.

Così uno dei passeggeri sarà l'artefice di un "miracolo" tecnologico, di un'invenzione geniale, che permetterà al gruppo, che nel frattempo si è assottigliato, di fare ritorno a casa.

IL VOLO DELLA FENICE è un concitato dramma avventuroso, una magnifica vicenda altamente improbabile, che non permette mai di abbassare le soglie dell'attenzione, che ha buoni momenti d'azione e che non rinuncia a soluzioni drammaturgiche, che purtroppo risultano convenzionali.

In pieno deserto non c'è il senso dell'acqua, che non sembra essere un problema vitale. Un errore madornale che toglie veridicità e che favorisce lo stile del regista, John Moore, lo stesso regista di un'avventura bellica in stile videoclip: Behind Enemy Lines.

Mentre qui prevale la stringatezza televisiva, la soluzione effettistica tipica delle nuove leve registiche, che privilegiano assurde ed estemporanee soluzioni tecniche, barando sui contenuti, sugli approfondimenti, conducendoci film dopo film nel terreno da loro preferito, quello dei videogames, accompagnate dalla musica spaccatimpani.

Anche perchè questo film è il rifacimento con minime deviazioni ed attualizzazioni dell'omonimo kolossal di quarant'anni prima, in cui cast e regia (Robert Aldrich) erano nettamente superiori.
Qui, accanto al decoroso Dennis Quaid si può notare solo la presenza di Hugh Laurie, il futuro Doctor House.